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Lo Shiatsu e il morbo di Parkinson

di Cristiano Crivelli - December 2017

La personificazione della malattia: Mr. P.

Mr. P sta sopra a tutto e tutti. È sempre presente, nessuno l’ha invitato e non ti molla mai. Non è una persona in carne ed ossa e non è nemmeno un fantasma perché si fa sentire. È visto come un altro. Il malato di Parkinson lo colloca al proprio livello, per poterci parlare. È qualcuno di distinto dalla persona e allo stesso tempo legato ad essa. È come avere qualcuno dentro al tuo cervello che ti dice cosa puoi o non puoi fare limitando la tua volontà di agire.

Ho presentato la mia tesi di diploma nel gennaio del 2014 a conclusione della mia formazione per diventare terapista Shiatsu con il metodo Namikoshi presso l’Istituto di Terapie Naturalistiche di Locarno (www.istituto-itn.com).

Il Ministero della sanità giapponese definisce lo Shiatsu Namikoshi come «il trattamento che, applicando delle pressioni con le dita ed il palmo della mano su determinati punti del corpo corregge gli squilibri, migliora e mantiene la salute, contribuisce ad alleviare diversi disturbi e attiva le capacità di autoguarigione dell'organismo. Non ha effetti secondari».
Mi sono avvicinato allo Shiatsu Namikoshi quasi per caso. Penso che quasi tutte le persone, nell’arco della loro vita, abbiano «testato» su se stesse diverse forme di terapie alternative. Lo Shiatsu Namikoshi è la terapia che più di altre ha soddisfatto le mie aspettative tanto da indurmi a seguire il corso di formazione e diventare, io stesso, un terapista.

Il lavoro di diploma consisteva nell’esporre un caso pratico. Si trattava quindi di seguire un paziente nel percorso della sua patologia e di procedere a trattamenti shiatsu. La scelta del tema del mio lavoro di diploma è nata in maniera naturale. Il mio paziente era un mio cliente in fiduciaria. Discutendo con lui della sua patologia (Morbo di Parkinson) e delle varie terapie
alle quali si sottoponeva, abbiamo deciso insieme di intraprendere questa avventura.

Questo percorso mi ha dato molto da un punto di vista umano. Il rapporto tra me e il mio paziente è cambiato molto nei mesi. Attraverso i trattamenti shiatsu abbiamo imparato a conoscerci meglio e ad instaurare un legame più profondo. Conoscere meglio la malattia permette di avvicinarsi più facilmente a chi sta male e abbatte ogni forma di reciproco imbarazzo.

Questo è un fattore importante secondo me per eseguire un buon trattamento su un paziente.

Ma la conoscenza si ottiene anche e soprattutto con la pratica. Questa ti permette di raggiungere maggior sensibilità e di trovare delle soluzioni nuove per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Ci sono stati momenti complicati e, a volte, frustranti. Ogni trattamento era diverso perché diversa era la situazione nella quale si trovava il paziente.

A volte misembrava di aver raggiunto grandi risultati e a volte di aver fatto cento passi indietro.

Il Morbo di Parkinson non si guarisce con lo Shiatsu ma il trattamento aiuta, associato ad altre terapie, a mantenere attivo il corpo dei pazienti. Questo è diventato il mio obiettivo finale che mi ha permesso di distogliere lo sguardo dalla ricerca dei risultati. Il beneficio sta quindi nel trattare il paziente continuamente e assiduamente.

Il malato di Parkinson deve seguire diverse terapie contemporaneamente. La base è la stimolazione, tramite esercizi, di tutto il corpo. Allo shiatsu si possono associare altre terapie specifiche come l’ergoterapia, la fisioterapia, il pilates, il nordic walking ma anche la teatroterapia, la logopedia, … .

Il paziente ha gradito i trattamenti e ne ha ricavato sicuramente dei benefici, anche se a volte gli effetti si traducevano in grande stanchezza e dolore. Con il tempo ho imparato a raggiungere un certo equilibrio dosando la pressione e limitando
il tempo dei trattamenti. Questo mi ha permesso di acquisire maggiorsensibilità ma soprattutto mi ha insegnato l’importanza di ascoltare i pazienti.

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